Spie naziste contro il Vaticano

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Nei primi anni del regime, i nazisti concentrarono la loro attenzione sulle presunte attività sovversive della Chiesa in patria. Negli anni della guerra, invece, si resero conto che in Vaticano confluivano notizie che per loro potevano essere di grande interesse.

I nazisti, peraltro, davano per scontato che Pio XII simpatizzasse per gli Alleati e sostenesse nascostamente la loro causa. Lo scopo dell’attività di spionaggio era proprio quello di smascherare e neutralizzare le macchinazioni pro-Alleati del Vaticano. Il volume nasce da una ricerca ventennale. I due autori prendono in esame i tentativi di infiltrazione tedesca in Vaticano, la decifrazione dei codici segreti, il proliferare delle agenzie di spionaggio e alcune delle vicende più interessanti e rocambolesche della guerra segreta che si svolgeva tra le vie di Roma e attorno a piazza San Pietro.

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Come spie i nazisti si servirono anche di ex preti apostati che avevano abbandonato l’abito e che nutrivano un forte odio verso la Chiesa. Alcuni di questi, come Albert Hartl, si dedicarono a testi sull’Inquisizione, allo scopo di infangare la Chiesa “intollerante”, oppure si prestarono a scrivere compendi teologici sulla presunta moralità dell’eutanasia, come nel caso dell’ex sacerdote Josef Mayer.

Di seguito alcune pagine da Spie naziste contro il Vaticano (Milano, san Paolo, 2005), di David Alvarez e Robert Graham:

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Ci fu anche un piano per rapire Pio XII (dal Corriere della Sera 8/7/2016):

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Un piano sventato dagli «007» britannici e quei nazisti a Roma – lecito immaginare il colonnello Eugene Dollmann, poi collaboratore della Cia – inorriditi da quel folle progetto di rapire Pio XII. Dal Vaticano giungono nuove rivelazioni sul fatto che Adolf Hitler avesse architettato un piano per rapire papa Pacelli, durante la Seconda guerra mondiale, e portarlo in Germania. Dopo decenni di voci e indiscrezioni sulla vicenda, i dettagli del «diabolico piano» sono stati resi noti per la prima volta in questi giorni dall’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede. Si intitola «Quella notte del 1944» l’articolo che riporta uno scritto, da poco rinvenuto, di Antonio Nogara (1918-2014), figlio dell’ex direttore dei Musei Vaticani Bartolomeo Nogara: «un’importante testimonianza di prima mano sul progettato sequestro di Pio XII da parte dei nazisti durante il terribile inverno dell’occupazione di Roma», scrive il giornale diretto da Gian Maria Vian. Vi si racconta di quando l’allora monsignor Giovanni Battista Montini (poi Papa Paolo VI) si presentò una notte d’inverno del 1944, tra fine gennaio e inizio febbraio, nella loro abitazione, in cerca del padre, direttore dei Musei, per avvertirlo di quanto rivelato dell’intelligence militare britannica.

«Breve conciliabolo riservato»

Racconta Nogara che «dopo un breve conciliabolo riservato» i due uscirono frettolosamente. Il giorno dopo Bartolomeo Nogara raccontò al figlio Antonio che l’ambasciatore del Regno Unito Francis d’Arcy Osborne e l’incaricato degli Stati Uniti Harold Tittmann «avevano avvertito monsignor Montini» di aver avuto notizia dai rispettivi servizi d’intelligence militari, «di un avanzato piano superiore» dei nazisti per «la cattura e la deportazione del Santo Padre», «col pretesto di porlo in sicurezza “sotto l’alta protezione” del Fuhrer». «Nel qual caso, ritenuto imminente – aggiunge Nogara -, le forze alleate sarebbero immediatamente intervenute per bloccare l’operazione, anche con sbarchi a nord di Roma e lancio di paracadutisti. Occorreva pertanto apprestare subito un rifugio segreto ove rendere irreperibile il Santo Padre per il tempo strettamente necessario, due o tre giorni, all’intervento militare».

Il piano per nascondere Pacelli

Secondo il resoconto, i due uomini a quel punto optarono per nascondere il Papa nella Torre dei Venti che si erge sopra un’ala della Biblioteca Vaticana e dell’Archivio Segreto. Qui «sarebbe dovuto rimanere nascosto per due o tre giorni fino all’arrivo di una squadra speciale delle forze Alleate» che sarebbero giunte in paracadute per salvarlo. Così «il folle piano non fu mai attuato», scongiurato anche «grazie alle prese di posizione interne delle autorità diplomatiche tedesche a Roma» che comprendevano gli effetti negativi che avrebbe avuto sulle popolazioni cattoliche. Il testo scritto da Antonio Nogara e pubblicato ora dall’Osservatore Romano è stato scoperto solo dopo la sua morte, avvenuta nel 2014. Non è chiaro chi fossero i nomi di quelle autorità diplomatiche tedesche: ma nulla vieta di ipotizzare Eugen Dollmann, colonnello delle Ss che a Roma si prodigò per evitare una rappresaglia ancora più feroce di quella che delle Fosse Ardeatine che seguì all’attentato di via Rasella e che, nel 1945, concordò la rese delle truppe tedesche nel Nord Italia appellandosi al cardinale di Milano Schuster. Senza contare il suo talento di «007» operativo: fu lui a scoprire il nascondiglio segreto di Mussolini sul Gran Sasso, permettendo il rapimento. Ma subito dopo la resa divenne collaboratore della Cia.