I Nobel per la Fisica parlano di Dio

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Tantissimi sono i premi Nobel che hanno espresso pubblicamente la loro fede in un Dio trascendente, cattolici e protestanti. Ne segnalo solo qualcuno.


* Robert Millikan, vinse il Premio Nobel per la Fisica nel 1923. Fu membro della Pontificia Accademia delle scienze dal 28 ottobre 1936. La biografia ufficiale dei Nobel scrive di lui: “Egli non fu solo un grande scienziato, ma la sua natura filosofica e religiosa fu evidente dalle sue letture sulla conciliazione tra scienza e religione, e dai suoi libri: Science and Life (1924); Evolution in Science and Religion (1927); Science and the New Civilization (1930); Time, Matter, and Values (1932)”. (http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/1923/millikan-bio.html).

Ebbe a dichiarare: Lo spirito della religione e lo spirito della scienza (o conoscenza) nella mia analisi sono le due grandi forze sorelle che hanno tirato, e stanno ancora tirando, l’umanità verso l’alto (Da: Autobiography, by Prentice-Hall, Inc, New York, 1950, p. 279).

*Arthur Holly Compton, ha vinto il Premio Nobel per la fisica nel 1927.

Ha scritto un testo intitolato Man’s Destiny in Eternity. Un suo pensiero: “Dio mi si presenta sotto tre aspetti strettamente connessi. Nel primo aspetto, quello generalmente considerato, Dio appare come il sommo bene conosciuto, a cui perciò si dedica la propria vita. In lui è amore, bellezza, armonia e bontà, “la voce impercettibile”, in cui il cristiano trova la sua luce, la sua coscienza e la fonte della felicità. Sotto il secondo aspetto Dio è, a mio avviso, il fondamento dell’essere, della vita e dell’azione – rappresentato come forza pensante che partecipa in modo particolare alla vita delle sue creature dotate come lui di pensiero, le quali assieme a lui sono responsabili per la loro parte della formazione del mondo. Questa concezione di Dio supera il concetto di forze naturali conosciute scientificamente, e investe un ambito che è al di là di ogni esperienza” (http://www.disf.org/Documentazione/47.asp).

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Charles Hard Townes, ha vinto il Premio Nobel per la Fisica nel 1964; è membro della Pontificia Accademia delle Scienze; ha vinto anche il Premio Templeton, per “contributi alla comprensione della religione”. Ricevendo il Templeton ha dichiarato che “lo sviluppo concreto della scienza fu possibile grazie alla religione monoteista” e che “lo stesso concetto di un universo governato in modo ordinato da un Dio era un presupposto per lo sviluppo delle leggi scientifiche“ (http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/1964/townes-bio.html; Emmeciquadro, agosto 2006; http://www.uccronline.it/2012/08/12/citazioni-di-scienziati-credenti-cristiani-e-cattolici/). È autore di un saggio “La convergenza tra scienza e religione” pubblicato su IBM Journal Think e sul Mit Alumni Journal. In Italia ha partecipato al Meeting di Rimini del 2009.

Ha detto: «Credo fermamente nell’esistenza di Dio, basandomi sull’intuizione, sulle osservazioni, sulla logica, e anche sulla conoscenza scientifica» (C.H. Townes, “A letter to the compiler T. Dimitrov”, 24/05/2002); «La scienza, con i suoi esperimenti e la logica, cerca di capire l’ordine o la struttura dell’universo. La religione, con la sua ispirazione e riflessione teologica, cerca di capire lo scopo o significato dell’universo. Queste due strade sono correlate. Io sono un fisico. Anch’io mi considero un cristiano. Mentre cerco di capire la natura del nostro universo in questi due modi di pensare, vedo molti elementi comuni tra scienza e religione. Sembra logico che a lungo i due potranno anche convergere» (C.H. Townes, “Logic and Uncertainties in Science and Religion”, in Proceedings of the Preparatory Session 12-14 November 1999 and the Jubilee Plenary Session 10-13 November 2000)

«Ci si potrebbe chiedere: dove è Dio? Per me è quasi una domanda inutile. Se credi in Dio, non vi è alcun particolare “dove”, Lui è sempre lì, ovunque, Egli è in tutte queste cose. Per me, Dio è personale ma onnipresente. Una grande fonte di forza, Egli ha fatto una differenza enorme per me» (C.H. Townes, “Making Waves”, American Institute of Physics Press, 1995).

La religione è stata molto importante nella mia vita. Sono sempre stato ispirato e guidato dalla religione” (Il Sussidiario, 26 agosto 2009).

*Antony Hewish, ha vinto Premio Nobel per la Fisica nel 1974; è membro della Pontificia Accademia delle Scienze.

Ha scritto: «Io credo in Dio. Non ha senso per me pensare che l’universo e la nostra esistenza sia solo un incidente cosmico, che la vita sia emersa a causa di processi fisici casuali in un ambiente cui semplicemente è capitato di avere le caratteristiche giuste. Come cristiano comincio a comprendere cos’è la vita attraverso la fede in un Creatore, la cui natura è stata rivelata da un uomo nato circa 2000 anni fa […]. Credo che sia la scienza che la religione siano necessarie per comprendere il nostro rapporto con l’Universo. In linea di principio, la scienza ci dice come tutto funziona, anche se ci sono molti problemi irrisolti e credo che ci saranno sempre. Ma la scienza solleva questioni che non è mai in grado di rispondere. Perché il Big bang ha condotto a esseri coscienti che mettono in discussione lo scopo della vita e l’esistenza dell’Universo? Questo è l’ambito in cui la religione è necessaria». (A. Hewish, Lettera a T. Dimitrov, 27/05/2002); Naturalmente, nel libro di Dawkins ci sono molte cose degne di essere lette, ma per quanto riguarda la possibilità di trarre deduzioni religiose dall’osservazione scientifica mi sembra, sia per gli esseri viventi sia per gli elementi fondamentali della vita, vi sia un messaggio molto chiaro. E il messaggio è questo: l’universo è stato prodotto da un essere intelligente” (Il Foglio, 9/2/2008).

Abdus Salam, ha vinto il Nobel per la Fisica nel 1979.

Ha scritto di credere in “una Superiore Intelligenza, il Signore di tutta la Creazione e della Legge Naturale” (intervista concessa a H. Margenau & R. Varghese, “Cosmos, Bios, Theos: Scientists Reflect on Science, God, and the Origins of the Universe, Life, and Homo sapiens”, Open Court Publishing Company 1992, p.93).

*Arthur Schawlow, ha vinto il Nobel per la fisica nel 1981.

Ha detto: «Mi sembra che di fronte alle meraviglie della vita e dell’universo, uno deve chiedersi “perché” e non solo “come”. Le sole possibili risposte sono religiose… Per me questo significa che il cristianesimo protestante, al quale sono stato introdotto da bambino, ha resistito alle prove di una vita. Ma il contesto della religione è un grande sfondo per fare scienza. Nelle parole del Salmo 19, “I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento proclama la sua opera”. Così la ricerca scientifica è un atto di adorazione, in quanto rivela più meraviglie della creazione di Dio… L’origine ultima dell’Universo può essere non solo sconosciuta ma anche inconoscibile. Cioè se noi assumiamo il Big Bang che presenta supporti di una certa evidenza, non c’è davvero modo per trovare davvero cosa accadde prima del Big Bang… Siamo fortunati ad avere la Bibbia, e specialmente il Nuovo Testamento, che ci racconta di Dio in termini umani ampiamente accessibili». (intervista a H. Margenau & R. Varghese, op.cit., p.105-107).

*Carlo Rubbia, Premio Nobel per la fisica nel 1984; membro della Pontificia Accademia per le Scienze.

Ha detto: «Con alta precisione, oggi vediamo che il cosmo è straordinariamente unico, caratterizzato dal valore ½° =1. La natura dell’universo non è dunque casuale, essa è il risultato di un evento unico e straordinario, possibile solamente per questo valore.. Parlare di origine del mondo porta inevitabilmente a pensare alla creazione e, guardando la natura, si scopre che esiste un ordine troppo preciso che non può essere il risultato di un ‘caso’, di scontri tra ‘forze’ come noi fisici continuiamo a sostenere. Ma credo che sia più evidente in noi che in altri l’esistenza di un ordine prestabilito nelle cose. Noi arriviamo a Dio percorrendo la strada della ragione, altri seguono la strada dell’irrazionale» (“Il DNA lo prova: la vita sulla terra ha un solo padre”, Liberal, 23 dicembre 2011); «La più grande forma di libertà è quella di potersi domandare da dove veniamo e dove andiamo… E poiché tutti noi pensiamo che il nostro essere uomini sia qualcosa che ci mette al di sopra di tutti gli altri esseri viventi sulla terra, per forza dobbiamo anche pensare che siamo stati fatti ad immagine di qualcosa ancora più importante di noi. È difficile non crederci, quasi impossibile. È addirittura inevitabile. Talmente inevitabile che penso sia scritto dentro di noi. […]La natura è costruita in maniera tale che non c’è dubbio che sia costruita così per un caso. Più uno studia i fenomeni della natura, più si convince profondamente di ciò. Esistono delle leggi naturali di una profondità e di una bellezza incredibili. Non si può pensare che tutto ciò si riduca ad un accumulo di molecole. Lo scienziato in particolare, riconosce fondamentalmente l’esistenza di una legge che trascende, qualcosa che è al di fuori e che è immanente al meccanismo naturale. Riconosce che questo “qualcosa” ne è la causa, che tira le fila del sistema. È un “qualcosa” che ci sfugge. Più ci guardi dentro, più capisci che non ha a che fare col caso…» (citato in Edgarda Ferri, La tentazione di credere, Rizzoli, Milano, 1987, pag. 205)

« L’universo si è evoluto in maniera unitaria e coerente, come se fosse un unico tutto. Ricordiamo a questo proposito le parole della Genesi, dove si dice: “Dio pose le costellazioni nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona” […]. Oggi sappiamo che l’uomo rappresenta uno degli ultimi anelli della vita. Ciononostante la struttura dettagliata del DNA umano è solo leggermente diversa da quella degli altri esseri viventi. È questa una differenza morfologicamente piccola in sé, ma enormemente diversa per quanto riguarda le sue conseguenze. L’uomo è quindi strutturalmente fondamentalmente diverso dalle altre specie animali conosciute. Ha caratteristiche che lo contraddistinguono profondamente e in maniera unica…». (C. Rubbia, relazione presso la Pontificia Accademia delle Scienze, 2011)

*Joseph Hooton Taylor Jr., Premio Nobel per la Fisica nel 1993.

Ha scritto: «Una scoperta scientifica è anche una scoperta religiosa. Non c’è conflitto tra scienza e religione. La nostra conoscenza di Dio è un fatto più grande rispetto ad ogni scoperta che facciamo del mondo» (citato in J. Brown, “Nobel Laureates in Science: JoeTaylor’s Searching”, ottobre 1993); «Io e mia moglie trascorriamo il tempo con il nostro gruppo cristiano, è un modo per noi di approfondire le nostre opinioni filosofiche sulla vita, sul perché siamo sulla Terra, e cosa possiamo fare per gli altri… Noi crediamo che ci sia qualcosa di Dio in ogni persona e quindi la vita umana è sacrosanta» (citato in I. Hargittai, Candid Science IV: Conversations with Famous Physicists, Imperial College Press, London, 2004, pag. 665-666).

*William D. Phillips: ha vinto il Premio Nobel per la fisica nel 1997. E’ membro della Pontificia Accademia delle scienze.

Ha detto: «Molti scienziati sono anche persone con una fede religiosa piuttosto convenzionale. Io, un fisico, sono un esempio. Io credo in Dio sia come creatore e amico. Cioè, io credo che Dio sia personale e interagisca con noi» (W.D. Phillips, pubblica lettura “Ordinary Faith, Ordinary Science” durante la conferenza “Science and the Spiritual Quest II”, 20/04/2002, UNESCO, Parigi)

«Perché l’universo è così semplice? Perché segue leggi matematiche? Beh, si è speculato molto su questo, e una possibile risposta è che se l’universo fosse stato diverso da quello che è, noi non saremmo qui. Cioè, se le leggi dell’universo non fossero state quello che sono o se non c’erano leggi, sarebbe stato impossibile per la vita evolversi. Sarebbe stato impossibile per noi evolverci al punto di formulare questa domanda. D’altra parte, c’è un’altra risposta, che non è in realtà così lontano dalla prima, e se siete una persona con fede religiosa, come lo sono io, si potrebbe rispondere che il motivo per cui abbiamo un universo che segue delle leggi è perché Dio ha deciso di rendere l’universo in questo modo, perché Dio voleva che noi ci evolvessimo nel modo in cui abbiamo fatto. Questa è, naturalmente, una risposta filosofica e teologica e ha più a che fare con la propria fede oltre alle proprie conclusioni scientifiche, ma è una risposta che mi piace molto e che non trovo molto diversa dalla prima». (W.D. Phillips, pubblico incontro al Millennium Lecture Series, Casa Bianca, Washington (USA), 6/03/98).

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