La Chiesa e l’istruzione

Master_of_Parral_-_St_Jerome_in_the_scriptorium_-_Google_Art_Project

Con la caduta dell’Impero romano e la fine delle scuole imperiali, con la calata delle popolazioni barbariche, analfabete e selvagge, la cultura viene salvata grazie ai monaci amanuensi, che nei loro scriptoria ricopiano pazientemente ad uno ad uno i codici antichi, creano scuole monastiche, danno vita alle uniche biblioteche dell’epoca e permettono così la sopravvivenza di Cicerone, Virgilio e degli altri giganti del passato, di cui altrimenti non sarebbe rimasta traccia alcuna.

Il monaco Cassiodoro, cui dobbiamo la sopravvivenza di gran parte della cultura medica pagana, verrà giustamente definito “il salvatore della civiltà occidentale”. Analogo lavoro svolgono i monaci benedettini e quelli irlandesi, che Luigi Alfonsi ricorda essere stati “missionari, asceti, riformatori e poeti nello stesso tempo”. “Conoscitori del latino”, con cui erano entrati in contatto tramite il latino ecclesiastico, i monaci irlandesi “educarono agli studi gli Angli”, consigliarono ed istruirono alcuni sovrani, insegnarono a leggere le sacre scritture e i poeti antichi ai loro contemporanei. I monaci non solo copiavano i testi, ma civilizzavano le popolazioni barbariche, scrivendo per loro poesie, preghiere, grammatiche e dotando quei popoli di un senso della storia.

monatseri

Il monaco Beda il Venerabile è riconosciuto come il “padre della storia inglese”, mentre Gregorio vescovo di Tours scrisse l’Historia Francorum e il monaco Paolo Diacono la celebre Historia Langobardorum.
Quasi tutti i monasteri fungono dunque, nell’Alto Medioevo, da luoghi in cui la cultura viene coltivata e tramandata.

san gallo

Così Jacques Le Goff descrive il monastero di san Gallo: “Oltre alla chiesa, gli edifici più significativi furono le scuole – interna per i novizi, esterna per i bambini – e soprattutto lo studium, che aveva funzione di biblioteca e nello stesso tempo di laboratorio per la copia e l’ornamento dei manoscritti. Infatti San Gallo fu un tempio del libro. Qui, il più delle volte, i libri venivano riccamente decorati, come quelli che continuavano la tradizione dei codici purpurei tardo antichi, le cui pagine erano state immerse in un bagno di porpora; erano libri di lusso realizzati sia per il prestigio che per essere utilizzati in onore di Dio. Il copista era alla confluenza del labor manuum, il faticoso lavoro manuale, e dell’opus Dei, l’opera prestigiosa eseguita in onore di Dio… L’apporto dello studium di San Gallo alla cultura cristiana medievale fu notevole: prima di tutto arricchì la liturgia con i suoi Evalgeliari e i suoi Salteri. Inoltre, produsse copie sontuose di manoscritti antichi, come per esempio il grande poema scientifico del greco Aratos (III secolo a.C.) dedicato all’astronomia e alla meteorologia. E apportò un contributo di prim’ordine a quelle arti liberali (grammatica, retorica, dialettica, aritmetica, geometria, astronomia, musica) che il paganesimo antico tramandò al cristianesimo e che furono la base dell’insegnamento europeo. San Gallo si rese celebre soprattutto nel campo della musica dove i suoi manoscritti diffusero un sistema di notazioni musicali, i neumi, che ebbero grande successo. Per diffondere la sua cultura e la sua influenza, per preservare la salvezza dei suoi monaci, San Gallo seppe tessere reti di relazioni efficaci, di fratellanze, che univano i monaci, attraverso la preghiera, quand’erano in vita e dopo la loro morte, ad altri monasteri o a potenti laici. L’abbazia attrasse anche illustri visitatori: l’imperatore Carlo III il Semplice nell’883, il re di Germania Corrado I nel 911, l’imperatore Ottone Primo il Grande nel 972, l’imperatore Carlo IV nel 1353, il cardinale Carlo Borromeo nel 1570. Ma San Gallo dovette affrontare anche grandi prove: l’attacco degli ungheresi nel 926, un grande incendio nel 937, un altro nel 1418, la distruzione delle immagini sacre dell’abbaziale da parte dei Riformati nel 1529, guerra diverse…” .
Inoltre l’istruzione fondamentale viene assicurata, per quanto possibile, in tempi veramente difficili, dalle scuole parrocchiali: “l’istruzione è un’attività testimoniata sin dai primordi dell’ordinamento parrocchiale; il concilio di Vaisson (529) e quello di Tollero (527), ad esempio, prescrivono ai sacerdoti di provvedere all’insegnamento della salmodia, della lettura e della Parola. Se è vero che a partire dalla riforma carolingia dell’istruzione scolastica saranno le grandi scuole capitolari e monastiche ad assumersi in forma stabile l’insegnamento, è altrettanto vero che questa forma più primitiva di scuola annessa alla parrocchia rurale rimane per molto tempo a conferire i primi rudimenti del canto e della lettura ai figli dei contadini più poveri; la sua permanenza è testimoniata dagli inviti che concili e statuti episcopali rivolgono ai sacerdoti: nell’813 lo stesso Teodulfo vescovo di Orlèans, uno degli uomini di punta della cultura della corte di Carlo Magno, stabilisce per i sacerdoti della sua diocesi l’obbligo di gestire scuole, sia nelle villae sia nei villaggi; proibisce altresì di pretendere compenso dai genitori degli scolari, concedendo però il permesso di accettare quanto venisse loro offerto in spirito di carità” .

alcuino

Il primo imperatore ad occuparsi seriamente dell’istruzione dei suoi sudditi, con i documenti del sinodo di Aquisgrana del 789 e i capitolari dell’802, è Carlo Magno: accanto a lui, nella fondazione della schola palatina e in tutta la sua politica culturale, quasi come un “ministro dell’istruzione”, vi è soprattutto il monaco Alcuino, già capo della scuola monastica di York.
Chi educa, invece, i germani alla civiltà latina? San Bonifacio del Wessex, noto come grammaticus germanicus e il monaco Rabano Mauro, probabile autore del Veni Creator Spiritus, detto praeceptor Germaniae.

moneta

E gli Slavi? Sono i fratelli santi Cirillo e Metodio, compatroni d’Europa, ad inventare l’alfabeto glagolitico, detto poi “cirillico”, in onore del suo ispiratore .
Mentre svariati religiosi insegnano ai popoli barbari europei il latino e la fede, Virgilio e il Vangelo, un altro uomo di Chiesa, Gherardo da Cremona (1114-1187) si trasferisce a Toledo e qui, come canonico della cattedrale, inizia a tradurre in latino, oltre a vari testi medici greci ed ebraici, i testi arabi (originali arabi o traduzioni arabe di testi greci) di oltre ottanta opere dedicate ai campi più vari: la matematica, l’astronomia, l’ottica, la medicina, la chimica… Tra i tanti autori possiamo ricordare le sue traduzioni di Archimede e degli autori arabi continuatori dell’opera del matematico siracusano. Così, grazie al suo paziente e incredibile lavoro di traduzione, entrano nell’Europa occidentale le conquiste scientifiche arabe e si attua il ritorno, attraverso gli Arabi, della scienza greca.
Se ci spostiamo in Italia, la prima opera della nostra letteratura è una preghiera, il Cantico delle Creature di San Francesco; quanto a Dante, padre della lingua italiana, egli è la dimostrazione del fatto che la Chiesa e la fede sono all’origine della nostra tradizione letteraria. Dante si forma alla scuola del guelfo Brunetto Latini, ma ancor più presso gli studi teologici dei domenicani e dei francescani di Firenze; quanto ai libri, è la capitolare di Verona, una biblioteca ecclesiastica, a permettergli l’accesso ad una immensa quantità di testi altrimenti irreperibili .

Anche Petrarca e Boccaccio (ecclesiastici entrambi, il primo per “interesse”, il secondo, nell’ultima parte della sua vita, per conversione), desiderosi di attingere alla classicità, potranno farlo solo recandosi nelle librerie dei monasteri (dalle quali, qualche volta, trafugheranno qualche testo raro e prezioso).
Più avanti nel tempo, è negli anni del Concilio di Trento che nascono numerosi ordini religiosi dediti all’istruzione dei poveri, altrimenti destinati all’analfabetismo. Ricordo l’opera dei padri Somaschi e dei Barnabiti; quella degli Oratoriani e degli Scolopi di san Giuseppe Calasanzio, considerato il fondatore della scuola elementare popolare e gratuita (la prima nel 1597, a Trastevere) ; le scuole cristiane di Jean Baptiste de la Salle (XVII secolo), un altro pioniere dell’istruzione popolare e professionale in Europa (è lui che introduce varie innovazioni che avranno molto successo: l’insegnamento in classe e non solo individuale, come avveniva sino ad allora; la precedenza alla madrelingua piuttosto che al latino; la creazione di scuole serali e domenicali per lavoratori…).
Per secoli sono quasi solo i religiosi a dedicare vita, energie, beni, per andare incontro alle esigenze intellettuali, religiose, lavorative del popolo. Sono loro a istruire i ciechi e i sordomuti, creando con padre Pedro Ponce de Leon e con l’abbè Charles-Michel de l’Épée la lingua dei segni; sono sempre loro a prendersi in carico orfani e disadattati, in un’epoca in cui gli Stati non hanno alcun interesse, né la forza, per farlo.
Si può ricordare, per brevità, che i barnabiti avranno, tra i loro alunni, Alessandro Manzoni; gli Scolopi Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli; i Gesuiti, cui dobbiamo tra le altre cose l’istituzione del tema in classe, Cartesio, Corneille, Molière, Voltaire, Torricelli, Volta, Galvani, Spallanzani

Anche Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi avranno come precettori dei sacerdoti, mentre, dopo di loro, non lo Stato, ma Teresa Verzeri, Maddalena di Canossa, don Ludovico Pavoni, don Giovanni Bosco… si occuperanno, delle ragazze e dei ragazzi orfani, abbandonati, dei vinti e degli sconfitti dell’età industriale.
Nell’Ottocento, infatti, il numero delle scuole sorte dagli ordini religiosi è innumerevole. Le scuole di Stato, create, finanziate, controllate dallo Stato, sono ancora pochissime e appena nate, e i bambini e le giovani ragazze sono facilmente vittima dei datori di lavoro, della miseria, dell’urbanesimo, della durezza dei tempi.
Nell’Inghilterra industrializzata, anglicana e secolarizzata, la povertà e il vagabondaggio sono crimini già dall’epoca di Enrico VIII e di suo figlio Edoardo, e dopo la Gloriosa Rivoluzione liberale del 1688 “i reati che comportano la pena di morte passano da 50 a 200-250, e si tratta quasi sempre di reati contro la proprietà” : sono le classi dominanti, i proprietari di industrie, la borghesia, a incentivare il pugno di ferro contro le classi più sfortunate e a far sì che sorgano non tanto scuole e luoghi di formazione, ma case di lavoro. Gli orfanatrofi diventano così “fonte di forza-lavoro a bassissimo costo e più o meno coatta”.
Il filosofo liberale Lockedichiara esplicitamente che i bambini poveri, da avviare al lavoro a partire dall’età di tre anni, devono ‘essere tolti dalle mani dei genitori’ ”, mentre Marx denuncia “il ratto erodiano dei fanciulli compiuto dal capitale agli inizi del sistema di fabbrica nelle case dei poveri e negli orfanatrofi”. Accade persino che centinaia o migliaia di miserabili vengano “quotidianamente impiccati per delle inezie”, e tra costoro vi sono anche bambini di 11 anni !

ragazzi_donbosco
Ebbene, in Italia, invece, l’intraprendenza e la fede di molte persone provvede a impedire che la rivoluzione industriale abbia lo stesso impatto devastante sulla società: Giovanni Bosco, nella Torino all’avanguardia, in cui i bambini sotto i dieci anni impiegati come operai, nel 1844, sono oltre settemila, decide di dare vita a scuole professionali di ogni tipo: raccoglie ragazzi sbandati, orfani, piccoli spazzacamini, insegna loro un mestiere, va a trattare con i datori di lavoro, esige uno stipendio progressivo e regolari contratti su carta bollata, lotta per la domenica libera e perché i lavoratori abbiamo più diritti . Intercede presso il re, presso Cavour, ottiene aiuti e garanzie e piano piano trova anche la collaborazione di grandi industriali come Giovanni Agnelli o Alessandro Rossi, l’imprenditore che guida la Lanerossi di Schio.

Costoro comprendono che l’educazione salesiana, attraverso la quale i ragazzi abbandonati e impiegati nelle fabbriche acquistano competenza e dignità, li rende sì più consapevoli dei loro diritti, ma nello stesso tempo facilita il lavoro, crea armonia e produttività e scongiura la continua conflittualità sociale che nasce laddove i diritti dei proprietari e dei borghesi schiacciano i diritti dei lavoratori.

Mentre don Bosco compie questo mirabile servizio, lo Stato liberale da una parte lascia una libertà quasi totali agli industriali, che chiedono anche 14-16 ore di lavoro, dall’altra, con la legge Casati del 1859, non prende neppure in considerazione le scuole professionali ma si occupa solo di formare “i quadri medi della piccola borghesia degli affari, degli impieghi e dei commerci”; costituendo cioè scuole incapaci di dare un mestiere, e soprattutto di venire incontro ai bisogni dei più poveri ed emarginati.

Negli stessi anni in cui Don Bosco apre legatorie, falegnamerie, officine per fabbri ferrai…. in un’altra città industriale come Brescia, troviamo la figura di don Ludovico Pavoni, di famiglia nobile, fondatore, nel 1831, della prima scuola grafica d’Italia, soprattutto per i poveri e gli orfani. Don Pavoni guida nel 1831 già otto officine, mentre nel 1842 asssume la gestione di una scuola per sordomuti. Il suo metodo educativo è simile a quello di don Bosco, e tenta di far leva più sulle buone doti dei giovani, che sui castighi. E’ ben sintetizzato nella lettera che scrive ad un suo collaboratore: “Sappi condurti in ogni incontro (con gli allievi, ndr) con quella piacevolezza che tanto bene addicesi al nostro sistema d’educazione; sappi … contenerti con quella gravità che procaccia rispetto, ma insieme con quella dolcezza che alletta e rapisce, e lascia a chi la vuole la sferza, chè la sferza per l’uomo deve essere la ragione” .
Sempre nell’Ottocento, secolo così difficile per le donne e i bambini, si possono ricordare la bergamasca santa Teresa Verzeri, nobile anch’essa, creatrice negli stessi anni di Pavoni e Giovanni Bosco, di scuole per le ragazze più povere e abbandonate, tramite le sue Figlie del Sacro Cuore, e la marchesa veronese Maddalena di Canossa, fondatrice delle Figlie e dei Figli della Carità, dedita soprattutto, tra il suo palazzo e le case da lei affittate, alle ragazze di strada.
Tutte queste figure lasceranno un grande patrimonio che in Italia esiste tutt’oggi, e soprattutto fonderanno scuole, molte delle quali ancora oggi vitali, nei paesi poveri: Africa, Asia, Albania, Romania…

da: Francesco Agnoli, Indagine sul cristianesimo, Lindau, Torino, 2014.